MAGLIANO DEI MARSI – Mancano ormai pochissimi giorni all’arrivo del Carnevale che segna la naturale conclusione del tradizionale gioco del cacio. L’antico tracciato del Giro di Tornoterra – via Petronilla Paolini – è quotidianamente affollato di spettatori, di giocatori e di qualche turista incuriosito da tale tradizione. Ovviamente non possono mancare le solite polemiche, che anch’esse sono parte integrante di questa tradizione: nonostante ciò, il gioco continua ad appassionare locali e forestieri. Una tradizione che è descritta in un documento, conservato presso l’archivio diocesano di Avezzano, dove si attesta l’unica presenza documentaria di questo gioco. Il prezioso documento, datato 4 febbraio del 1752, raccontando di una serie di crimini tra abitanti di Magliano, cita espressamente: “[…] che si giocava a cacio in una pubblica strada […]”.
Nel caldo pomeriggio di sabato 2 marzo, abbiamo seguito, per voi lettori, una partita di gioco del cacio tra due squadre, formate interamente da giovani del luogo, bel tentativo di catturare le loro emozioni, le loro delusioni e la loro sana competizione. Hanno preso parte alla partita la squadra numero 1, detta dei “Ragionieri” in onore del noto film comico di Fantozzi, formata da Antonio Di Girolamo, Daniele Allegritti e Andrea Belardinelli, e la squadra numero 2 formata da Rodolfo Morgante, Paolo Iucci ed Anthony Di Genova.
«Io gioco al gioco del Cacio – afferma Daniele Allegritti – perché è importante mantenere la tradizione che va avanti da secoli. Per noi giovani è doveroso tramandare questo gioco a chi verrà dopo di noi. C’è stato un periodo in cui i giovani non venivano più, adesso la situazione è nettamente migliorata e tanti miei coetanei stanno riprendendo questo gioco».
Tra gli sguardi esterrefatti dei più anziani e qualche presa in giro da parte dei giocatori di lungo corso, la partita tra i giovani è andata avanti. Ogni tanto la competizione veniva interrotta causa le due semifinali della quarantesima edizione del caciotorneo. Alla fine della gara, che aveva assunto le sembianze di una vera e propria battaglia dal sapore medievale, la squadra numero 1 stava sotto di due tiri e si avviava alla sconfitta, ma la fortuna gli sorrise: la squadra numero 2, sbagliando due tiri consegnò la vittoria alla squadra numero 1. La pezza di formaggio è stata divisa in tre pezzi tra i vincitori e portata a casa, stretta come se fosse un’antica reliquia.
A conclusione della gara, abbiamo chiesto al giovane Andrea Belardinelli, tra i vincitori della partita in questione e maglianese di adozione cosa significasse per lui giocare a tale gioco: «Questo gioco mi permette di scoprire le tradizioni di questo paese e nello stesso tempo di immergermi in questo meraviglioso gioco che è molto coinvolgente. Il gioco del cacio possiede una grande capacità ed è quella di creare sia dei rapporti interpersonali e sia la capacità di romperli».
Una cosa che emerge subito agli occhi di chi non è del luogo, è l’importanza che viene riservata ai giovani all’interno di questo gioco. In una partita il giovane viene consigliato, richiamato, applaudito e persino deriso – se lo merita – da chi è più grande, senza cadere nel vortice della discriminazione e della solita mania di grandezza e di protagonismo. Questo modo di percepire questa tradizione si riaggancia molto bene a parte del discorso di fine anno del 31 dicembre del 1978 tenuta dal presidente Sandro Pertini in cui invitava il popolo italiano ad un compito molto importante, la valorizzazione e la formazione dei giovani: “i giovani non hanno bisogno di prediche, i giovani hanno bisogno da parte degli anziani, di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo”.