TRASACCO – Hanno partecipato all’evento il consigliere comunale con delega alle Politiche Scolastiche e Promozione Culturale Domenica Coletti, l’assessore al Bilancio Marta Coruzzi e numerosi cittadini interessati all’argomento trattato.
Può succedere, a volte, di imbatterci in tesori preziosi che sono testimonianza di civiltà e memorie del nostro passato e, addirittura, ritrovarsi ignari a camminarci sopra. Passeggiando per i boschi, ad esempio, potremmo imbatterci in pietre e cunicoli che sembrano essere opera della natura ma che invece, a ben guardarli, si rivelano essere ciò che rimane di un antico centro abitato, di catacombe oppure di un antico monastero, la natura si è solo riappropriata del luogo a lei sottratto dall’uomo.
Il complesso monasteriale benedettino di San Martino era situato nel territorio di Trasacco, più precisamente, nelle vicinanze del nuovo cimitero dove c’è un colle che ha preso proprio il nome dal monastero che vi era ubicato, ovvero Colle di San Martino. Situato ad una quota di altitudine di 905 m s.l.m., da lì i monaci Benedettini potevano osservare tutta la vallata “transaquana” a partire da Villavallelonga, Collelongo e, via via, tutto il Fucino e i suoi paesi riveraschi: Trasacco, Luco dei Marsi, Avezzano, Celano e così via.
Non essendo mai stati fatti degli scavi sul sito archeologico da parte della Sovrintendenza, non è noto quando il convento sia stato costruito, forse nell’800 d.C., né se ne conosce la sua grandezza. Risulta, però, fosse costituito da una chiesa ad un’unica navata, posta sul versante Nord del luogo dove era ubicato il convento, dedicata a San Martino e dal monastero, di forma rettangolare, posto sul versante sud.
Di questo monastero ci sono pochissime notizie storiche anche da parte di scrittori e studiosi. La prima traccia storica che ne documenta l’esistenza risale al X secolo, nei primissimi anni del 900 d.C., e queste tracce si trovano in un passo della cosiddetta “Chronica sacri monasterii Casinensis”, cronaca di storia medievale che riguarda l’Ordine Benedettino e in cui se ne racconta tutta la storia, dalla costituzione nel 529 fino al XII secolo. Il documento fu redatto, inizialmente, dal cardinale Leone Ostiense Marsicano e, successivamente, dopo la sua morte, dal monaco benedettino Pietro Diacono.
Nel documento si afferma che la contessa Dei Marsi, Dota, aveva donato ai Benedettini di Cassino, tra il 930 e il 950 d.C., la chiesa di Santa Maria Di Luco dei Marsi con tutte le sue pertinenze, tra le quali risultava esserci anche il monastero di San Martino di Trasacco. Questo vi rimase legato fino quasi alla fine del 1500, quando la chiesa di Luco fu definitivamente riconosciuta di proprietà del Vescovo Dei Marsi, cambiando così anche le sorti del monastero di San Martino.
A seguito del decreto di Ferdinando II d’Aragona nel 1497, il possesso del territorio che faceva capo alla chiesa di Santa Maria Di Luco, fino ad allora nelle mani dell’Abazia di Montecassino, fu assegnato ai principi Colonna lasciando ai Benedettini, in quel territorio, il solo potere spirituale.
Da quel momento in poi iniziò la decadenza dei monaci Benedettini sui loro possedimenti ed un continuo degrado strutturale della chiesa madre di Santa Maria di Luco, tanto che nel 1565, come sostiene lo storico Pietro Antonio Corsignani, essa risultava abbandonata. Secondo Anton Ludovico Antinori, invece, Montecassino non inviò più monaci Benedettini già dal 1454. Ciò indusse il vescovo Colli, nel 1588, a porre la questione del possesso della chiesa di Santa Maria di Luco al tribunale della Sacra Rota di Roma la quale, con sentenza dell’11 marzo 159,1 riassegnò la proprietà al vescovo stesso. A seguito di tale sentenza il vescovo Peretti, succeduto nel frattempo a Colli, nel 1618 emanò una bolla in cui stabiliva che tutti i beni e alcune prepositure esistenti nel territorio di Trasacco, fra cui quella di San Martino passassero all’allora cappella rurale di Santa Maria di Macerola, oggi conosciuta come Madonna del Perpetuo Soccorso.
Successivamente a tale decisione, l’abate della Basilica di Trasacco, Cicerone De Blasis, in quello stesso anno provvide a trasferire nella chiesa di Santa Maria di Macerola la statua di San Martino dall’ormai abbandonato monastero, erigendo anche un altare. La statua dopo il terremoto del 1915, che distrusse in parte la chiesa del Soccorso, fu trasferita presso l’oratorio della Basilica dei S.S. Cesidio e Rufino dove è possibile, ancora oggi, ammirare.
E’ certo che fino al XIV secolo i monaci fossero ancora presenti nel monastero di San Martino. La data del suo abbandono da parte dei Benedettini non è nota, tuttavia si presume possa essere fatta risalire ai primi anni del 1500 in quanto, a seguito del decreto di Ferdinando II d’Aragona, l’ordine non vi inviò più monaci.
“Gli storici – spiega il Dott. Tito Lucarelli – non hanno mai affrontato la questione del monastero in modo approfondito e circostanziato, ma hanno dato tutti scarne notizie. Io ho cercato di fare il frate cercatore di queste notizie mettendole insieme, per cercare di ricomporre la storia di questo monastero dai primi anni fino alla sua chiusura”.
Purtroppo l’abbandono e l’incuria hanno fatto sì che questo luogo, nei secoli, fosse saccheggiato e depredato dagli scavi clandestini e oggi ne restano solo ruderi ricoperti dalla vegetazione.