di PAOLO D’ONOFRIO
L’AQUILA – Saluto i presenti e ringrazio il Presidente e il Procuratore Generale di Corte d’Appello per la possibilità di intervenire.
La relazione punta sul concetto che la prevenzione è una responsabilità condivisa e coinvolge, pertanto, tutte le istituzioni, giustizia compresa. Si tratta, infatti, di tutelare beni fondamentali, come la vita e la salute, la cui salvaguardia richiede l’opera rigorosa della giustizia.
Abbiamo addebitato la responsabilità della continuità della strage stradale sia ad un quadro normativo troppo clemente e sia anche all’amministrazione della giustizia appiattita a favore dell’imputato. Sono state introdotte norme più serie sia nel codice della strada e sia nell’ambito della giustizia: la legge 41/2016 incrementando la minaccia punitiva doveva produrre un effetto deterrente-preventivo.
Ed invece il numero delle vittime nel nostro Paese resta ancora troppo alto: nel 2018, dati Aci Istat, la riduzione delle vittime è solo del 19% rispetto al 2010, valore lontano dall’obiettivo europeo del – 50% entro il 2020. Inoltre, fatti come quelli recenti e la recrudescenza della strage testimoniano una situazione di degrado morale e civile per la quale le istituzioni, giustizia compresa, debbono interrogarsi, scrutare le loro responsabilità e rendersi conto che sono anche le loro inefficienze che mantengono la strage (sottovalutazione del reato e del danno, pretestuose lungaggini della giustizia, ritardate risposte risarcitorie alle vittime sopravvissute creando difficoltà per le cure, indifferenza burocratica nella trattazione dei gravi fatti umani).
Le istituzioni, giustizia compresa, debbono porre attenzione alla strage che avviene nel loro territorio per riflettere e migliorare il proprio apporto. I dati Aci-Istat riferiti alla nostra provincia L’Aquila, registrano la continuità della strage tra il 2016 (data della legge n. 41) ed il 2018: 1 morto ogni mese e 80 feriti ogni mese. A livello di Regione Abruzzo si registrano 6 morti ogni mese e 390 feriti ogni mese.
Di fronte a questi dati nessuno può restare in silenzio, neanche la giustizia, che non è un mondo chiuso, ma è chiamata a rapportarsi con le altre istituzioni per dare, attraverso il confronto, il proprio apporto alla difesa dei valori, ricevendo nel contempo sollecitazioni utili a riflettere sul proprio percorso per migliorarlo. Siamo tutti a servizio del miglioramento sociale. Anche il privato sociale è chiamato a collaborare con le istituzioni attraverso iniziative di sensibilizzazione e proposte, per “fermare la strage stradale”.
Le nostre proposte discendono da quanto evidenziato:
Inserire i dirigenti degli Uffici Giudiziari nei Tavoli territoriali permanenti per la prevenzione e il contrasto all’incidentalità stradale. A loro chiediamo, nell’esercizio delle funzioni di coordinamento, di assicurare i seguenti obiettivi, già indicati nella nostra relazione del 2018:
formulare linee di indirizzo per assicurare effettività ed uniformità nell’applicazione della normativa;
istituire corsie preferenziali all’interno dei Tribunali e delle Corti d’Appello per un sollecito svolgimento dei processi e l’attivazione della relazione tra vittima ed autore dell’atto vittimizzante, a scopo preventivo e riparatorio.
Il tutto, sul modello del codice rosso per i reati di violenza di genere;
prendere a modello il protocollo operativo della Regione Lazio: sinergia tra presidi ospedalieri, forze di polizia con il coordinamento delle procure, per garantire certezze sulle indagini per le alterazioni psicofisiche alla guida;
attuare una specifica formazione dei magistrati penali per il risarcimento del danno alla persona, senza rimessioni al giudice civile, rimessioni “sfruttate” dai responsabili con finalità dilatorie a danno delle vittime;
per quanto riguarda i processi civili, per le azioni di risarcimento del danno alla persona riteniamo che debba svolgersi una formazione vittimologica di magistrati e di avvocati per l’accertamento del danno psichico e da pregiudizio esistenziale, che veda lo psicologo come necessario CTU in parallelo al medico legale, per evidenziare le modifiche peggiorative della personalità e del funzionamento dell’io della vittima.
In definitiva, rivendichiamo la finalità dell’AIFVS di “Fermare la strage stradale”, non vogliamo né vittime e né imputati, riconosciamo che i temi della giustizia e della prevenzione sono interconnessi: la giustizia potrà orientare i cittadini al rispetto dei diritti umani e della legalità se nel dopo-incidente garantirà indagini accurate per la ricostruzione delle dinamiche e processi celeri e rigorosi, dai quali emerga “non solo la verità processuale, ma anche la verità dei fatti”.
È questo il cambiamento che auspichiamo nella giustizia, e per il quale si può e si deve fare di più.