AVEZZANO – È vero, hanno passato mesi d’inferno. La parte più bella della vita trascorsa dietro uno schermo, con connessioni scadenti o parziali, compresa quella con la realtà. Hanno perso le gite, le passeggiate, i cento giorni, le battute in classe. I giovani, insomma, hanno vissuto in libertà condizionata.
Ma che colpa ne ha la panchina di piazza Torlonia?
Perché prendersela con i giochi della pineta?
Forse è così: il virus sarà sfuggito da un laboratorio cinese, ma di certo non lo hanno liberato i cestini dei rifiuti contro i quali si scaglia la rabbia dei ragazzi.
L’unica consolazione, dinanzi allo scempio che si può immortalare facilmente, è che l’esercito di “Unni” sotto pressione che scaricano frustrazioni sull’arredo urbano non regala le sue gesta solo nella città di Avezzano.
Il sindaco di Sulmona è stato costretto ad emanare un’ordinanza con divieti e prescrizioni per il centro, trasformato in una discarica a cielo aperto. Stessa cosa all’Aquila: residenti infuriati da chiasso e maleducazione
Si parla dei danni della movida: ma non c’è né movimento, né vita.
C’è solo la reazione al sentimento di morte dato dallo stare in prigione. E pochi che sappiano trasferire un modello diverso di divertimento, spazi per alternative costruttive.
Ad Avezzano, ogni giorno, qualcuno chiede nuove telecamere. Spesso per esigenze politiche. D’altra parte, quello delle telecamere è il tema migliore per la propaganda. È tendenzialmente infinito come strumento di polemica: ci sarà sempre una strada, una piazza, una casa, non sorvegliate. E sempre la possibilità di gridare allo scandalo perché lì è avvenuto quel furto, quel danneggiamento, quell’atto di ignoranza e attaccare l’amministrazione di turno.
Fai sette foto di carte per terra, per una settimana, e la città sembrerà sciatta e trascurata! E poi proponi la soluzione: nuove telecamere!
Il Problema, in realtà, è che a questi ragazzi non servirebbe un grande fratello. Ma un fratello grande. Un modello di divertimento alternativo che offra la percezione del valore delle cose.
Già passano davanti alle telecamere e agli schermi del telefonino almeno cinque ore al giorno.
È opportuno colpire i responsabili ma la soluzione della repressione non basta e neppure il moralismo di chi pensa di risolvere tutto prendendo a schiaffi i figli degli altri. Salvo poi, per i suoi, lamentarsi della nota sul registro di classe.
Servono alternative e serve farle diventare maggioritarie. Occorrono spazi che curino il bello perché anche al brutto ci si abitua.
La gente non va educata, va abituata. Le cattive abitudini si sostituiscono con abitudini di livello più elevato.
E serve finirla di descrivere una realtà in malora. Perché se è già in malora, che male volete che faccia il mio calcio ad una panchina?
Eppure, per cento ragazzi che riempiono la noia danneggiando ciò che trovano, ce ne sono almeno altrettanti che aggiustano ciò che è danneggiato, allontanando la noia.
Raccolgono la plastica, inventano manifestazioni, si danno da fare, lasciano agli altri il reddito di cittadinanza. Ogni giorno ne abbiamo esempi. L’ultimo da parte dei giovani scout e volontari del gruppo AGESCI di Avezzano, che, nella mattinata di domenica 20 giugno, hanno ripulito la pineta di Avezzano.
Scommettiamo che nelle case di questi ultimi non si lanciano improperi contro la politica, i ladri, gli approfittatori, gli altri?
Scommettiamo che, in queste case, si insegna a raccogliere una carta da terra quando cade?
Scommettiamo che si sentono più vivi quando hanno finito e che, quel sentimento di vita si può trasferire?
Magari raccontandolo, mentre si chiede l’ennesima telecamera.