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VACCINI, GREEN PASS E SICUREZZA SUL LAVORO

Redazione di Redazione
6 Ottobre 2021
in Attualità
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Il punto fondamentale dal quale partire è che rappresentare significa essere capaci di fondere le varie posizioni dei gruppi inter-sociali di una qualsiasi azienda. Questo vuol dire unire le istanze degli Ultimi con le parti più forti (sia a livello reddituale che contrattuale), senza mai abbandonare il buonsenso per evitare danni irreversibili circa la propria credibilità. L’urgenza sociale di questo periodo è sicuramente combattere i fanatismi e/o gli eventuali (anche legittimi) egoismi, riscoprendo quei valori che costruiscono una Comunità e che non può prescindere dalla Solidarietà. Un sindacato, come cerchiamo di essere nel Nuovo Sindacato Carabinieri, deve saper essere responsabile nella sua azione operativa e responsabilizzare nella sua azione di una crescita culturale partecipata e di costruzione della speranza che deve essere universale, evitando di scollare le varie classi lavorative rappresentate.

Riprendendo il nostro intervento sulla questione vaccini/green pass è chiaro che se il vaccino è l’unico strumento idoneo a mettere in sicuro la popolazione, come affermato dalla comunità scientifica, è altrettanto vero che la mancanza di un obbligo per legge da parte dello Stato sposta la responsabilità economica circa la somministrazione dei tamponi, o di qualsiasi altro test idoneo a produrre il green pass, sulle aziende. Questo perché il green pass non è (o deve diventare) uno strumento di discriminazione o di strumentalizzazione, ma è diventato irrimediabilmente un elemento di sicurezza sul lavoro, sia per motivi sanitari che per proteggere la forza lavoro e rendere più efficace il core-business di qualsiasi attività professionale. Ciò detto, qualsiasi strumento diretto al bene (profitto) della azienda e/o alla sicurezza e all’igiene dei Lavoratori deve essere in capo al datore di lavoro e alla amministrazione (nel nostro caso, l’Arma dei Carabinieri).

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Anche perché non va sottovalutato l’aspetto organizzativo/operativo che sarebbe influenzato da eventuali sospensioni dal lavoro, o da “escamotage” di possibile utilizzo per non subire il peso economico di doversi sottoporre ogni pochissimi giorni ai test per ottenere il “permesso di lavoro”. Eventuali deficienze organiche causate dall’assenza della responsabilità finanziaria da parte del datore di lavoro non devono ricadere sul personale idoneo al lavoro, proprio per evitare ulteriori criticità sulla forza lavoro (sarebbe un boomerang pericoloso).

Se nella fase elevata della pandemia che ha visto 30 nostri Colleghi deceduti e circa 13mila Carabinieri contagiati, gli indennizzi sono stati elargiti dall’assicurazione pagata dal FAAP (un fondo privato alimentato dai Carabinieri, da donazioni, e non dalla amministrazione), NSC chiede e pretende che qualsiasi test per la produzione del green pass sia pagata dall’Arma dei Carabinieri, datore di lavoro, visto quanto detto precedentemente, e non con i soldi versati dai Carabinieri (poi sarebbe interessante capire chi elegge il consiglio che presiede e sceglie come usare i fondi del FAAP,  da sostenuto da tutti Noi). Questo lo scriviamo a causa di voci “strane” che continuano a girare tra i Coleghi, e che il Comando Generale dovrebbe far cessare quanto prima, emettendo il più rapidamente possibile le disposizioni per quando sarà in vigore il decreto legge 127/2021.

Chiaramente, il Nuovo Sindacato Carabinieri chiede di essere convocato, insieme alle altre sigle sindacali riconosciute e come previsto dalla sentenza della Corte Costituzionale (che ha ormai 3 anni e mezzo), proprio per una decisione partecipata che dia più forza a qualsiasi azione che interessi la sicurezza e la serenità di tutti i Carabinieri. Chiediamo e Attendiamo che i Carabinieri siano veramente e finalmente rappresentati.

Roberto Di Stefano – Nuovo Sindacato Carabinieri

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