Sono trascorsi settantotto anni dalla morte di Norma Cossetto, ventitreenne studentessa italiana d’Istria, uccisa barbaramente da un nucleo di partigiani. La Storia degli ultimi anni di guerra in Italia, all’indomani dell’8 Settembre 1943, è costellata di episodi di violenza e di odio senza precedenti. Nella nostra penisola furono infatti registrati fatti di singolare efferatezza non soltanto da parte dei “Liberators” ma anche dei partigiani, che assai di frequente si lasciarono andare a mattanze sanguinarie nei confronti di fascisti e collaborazionisti (spesso solamente ritenuti tali).
Norma Cossetto è la figlia del dirigente locale del Pnf, laureanda in lettere e filosofia presso l’Università di Padova. E’ in questo brevissimo lasso di tempo che la famiglia Cossetto inizia a ricevere minacce e intimidazioni da parte dei partigiani jugoslavi e italiani presenti nell’area, finché il 26 Settembre la ragazza viene convocata presso il comando partigiano.
Dopo un interrogatorio e pressanti richieste di abiurare la propria fede fascista (richieste respinte da parte della ragazza) Norma viene rilasciata e ricondotta a casa, soltanto per esserne nuovamente prelevata il giorno successivo e ricondotta nella ex-caserma dei Carabinieri di Visignano, poi nella scuola di Antignana, trasformata in prigione.
E’ ora che ha inizio il suo incubo: presa di mira dai partigiani per via del ruolo di spicco nel fascismo istriano ricoperto dal padre, viene separata dagli altri prigionieri e sottoposta a sevizie e stupri ripetuti da parte dei suoi carcerieri. Le violenze vanno avanti per giorni, attirando l’attenzione di una donna residente in un edificio antistante la scuola che riferisce di essersi avvicinata alle finestre del plesso scolastico per identificare la fonte dei lamenti e delle richieste di aiuto sentite durante la notte. Qui avrebbe visto Norma, legata ad un tavolo dai suoi aguzzini, venire ancora violentata a turno dai partigiani.
Per le donne democratiche però, lo stupro di una donna, “solo perchè ritenuta fascista”, per via dell’incarico del padre, non rientra nella violazione dei diritti umani e non è una forma di discriminazione tale da essere ricordata nella giornata internazionale della violenza contro le donne.
Di seguito la nota inviata alla stampa a firma, appunto, delle Democratiche Celano:
«Cosa c’entra una donna fascista uccisa dagli insorti istriani durante il caotico settembre del 1943 con la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999, per il 25 novembre?
Cosa c’entra una tragedia della storia con una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere?
Niente.
Eppure, l’amministrazione Comunale di Celano ha pensato bene di occupare (è proprio il caso di dirlo) quello spazio con una iniziativa di dubbio gusto morale e indubbia volontà politica. Forse per strizzare l’occhio ai camerati che ci guardano dalla capitale? Chissà». Questo è quanto si chiedono le Democratiche Celano, alla vigilia del 25 novembre, giornata che come sappiamo ogni anno è (o dovrebbe) essere dedicata alla sensibilizzazione per contrastare i femminicidi e la violenza sulle donne, specie quella domestica e familiare.
Certo questa stessa parte politica che promuove adesso le iniziative per celebrare Norma Cossetto, dedicandole una targa in comune, la visione di un documentario e l’ispirazione della memoria, non ha mai nascosto la sua ammirazione per il fascismo e i suoi metodi. È una parte politica che ancora oggi diffonde odio e razzismo, omofobia e sessismo, che invoca la pena di morte o l’evirazione per il reato di stupro quando commesso da migranti (in particolare se “di colore”), ma è sempre pronta a giustificare lo stesso crimine (mettendo sotto accusa la vittima) quando commesso da uomini “bianchi”, specie se in divisa.
Appare evidente dunque come sia pretestuosa l’insistenza sulle circostanze della morte di Norma Cossetto. A costoro non interessa la sofferenza fisica e psicologica di una donna vittima di violenza domestica, economica, di genere, né dei tanti femminicidi (uno ogni tre giorni quest’anno) – che dovrebbero essere al centro delle attività di sensibilizzazione nella data del 25 novembre. Il corpo di Norma Cossetto, per loro, come quello di tutte le altre, non è altro che uno strumento. Strumento di propaganda, strumento politico e anche culturale.
Norma Cossetto non ha mai smesso di essere un simbolo per una determinata parte politica, che si serve della sua tragica vicenda solo per imporre il proprio immaginario al paese.
È evidente quanto sia pretestuosa la scelta di celebrala, a livello nazionale così come locale: con la sua figura non si vogliono commemorare le vittime civili della seconda guerra mondiale, le italiane morte per la patria, né tanto meno le donne in sé o le vittime di violenza di genere. Si vogliono celebrare le vittime fasciste dei partigiani. E questo è semplicemente inaccettabile per una amministrazione comunale presidio di una istituzione che affonda le sue radici nella Costituzione antifascista italiana.
È quanto dichiarano in una nota stampa la Conferenza Donne Democratiche Marsica