di Leonardo Alfatti Appetiti
“Ha ragione chi considera irrinunciabile garantire l’ordine, la legge e la sicurezza applicando rigorosamente le leggi in vigore, oppure chi auspica una maggiore elasticità delle leggi rispetto a fenomeni sociali e culturali indubbiamente illegali ma pur sempre vitali e fondamentalmente edonistici?”
A porsi la questione dalle colonne de “La Gazzetta del Mezzogiorno” è Andrea Di Consoli, giornalista, autore di programmi Rai di grande successo, sceneggiatore cinematografico e scrittore lucano,
Un aspetto è incontrovertibile: i rave si svolgono in contesti di scarsa sicurezza e di massiccia diffusione di stupefacenti. Fa bene il governo ad affrontare normativamente il problema creandone di nuove ad hoc o l’opposizione a parlare di “Stato di polizia”?
Intendiamoci, difficilmente troveremo chi si faccia paladino dello sballo estremo dei rave come modello di riferimento per le nuove generazioni, ma – come spiega Di Consoli – “i rave non sono solo droga e sballo, ma anche musica, divertimento, esperienze di allargamento delle possibilità percettive e sensoriali, modi di condividere dissenso, disagio, smarrimento, forme telluriche e primordiali di contestazione della realtà”.
Certo, sono presenti elementi di pericolosità, in primis per chi vi partecipa, ma fare di tutta l’erba un fascio potrebbe risultare sbagliato e controproducente.
Di Consoli, al riguardo, cambia la prospettiva, cercando di immedesimarsi nei frequentatori dei rave: “E se a noi questi ragazzi appaiono come mostri o zombi, dobbiamo perlomeno prendere in considerazione la possibilità che anche loro vedano noi adulti in questo modo, presi come siamo da demoni altrettanto pericolosi e, a volte, purtroppo illegali. La cosa che si vuole dire è che un rave party parla anche di noi adulti, dei nostri “valori”, del mondo che abbiamo costruito, della nostra incapacità di dialogare con loro, del nostro essere genitori insufficienti e, chissà quante volte, deludenti”.
Quel che bisognerebbe evitare è far diventare questa discussione prettamente ideologica: ordine contro disordine, legge contro libertà o, peggio ancora, buoni contro cattivi. Il manicheismo non è mai utile ad affrontare la complessità e le contraddizioni della società moderna.
Se da una parte lo Stato non può e non deve voltarsi dall’altra parte, una vera società aperta e liberale si costruisce anche accettando diverse visioni del mondo, sorvegliando e intervenendo, ma senza criminalizzare.