C’è un momento particolare che ha cambiato la finale degli Australian Open, vinta da Jannik Sinner contro Daniil Medvedev in 5 set. Alla fine del secondo set, sul risultato di 5-1 per il russo, le telecamere e i microfoni catturano le parole del coach Simone Vagnozzi che dà indicazioni all’azzurro.
“Usa questo game per fare qualcosa di diverso, anche sulla seconda vai dietro. Proviamo a far qualcosa di diverso ‘sto game”, dice Vagnozzi. Il copione in campo, rapidamente, cambia. Sinner riduce il gap nel secondo set ma non riesce a impedire che Medvedev chiuda 6-3. La strategia suggerita da Vagnozzi, però, funziona ed è una chiave di volta del match.
Sinner modifica la propria posizione in campo, riesce a reggere gli scambi con maggiore facilità e guadagna fiducia in avvio di terzo set. Parallelamente, il serbatoio di Medvedev si svuota. Il russo, reduce da un’altra maratona di 5 set in semifinale, fatica negli scambi prolungati e non trova soluzioni immediate.
“Ci aspettavamo che Medvedev partisse forte e aggressivo, perché arrivava da un torneo lungo e non voleva si allungassero gli scambi. Non ci aspettavamo che potesse farlo così bene. Jannik si è trovato in difficoltà contro un avversario che serviva l’85% di prime palle senza commettere errori. Sinner non è partito benissimo, soprattutto al servizio, ma ci poteva stare alla prima finale Slam con un po’ più di tensione”, aggiunge Vagnozzi a Supertennis.
Nel secondo set, “sotto 5-1, Jannik ha messo a segno un break e questo ha cambiato un po’ l’inerzia della partita. Sotto 3-5, Jannik ha avuto una chance per rientrare ulteriormente: si cominciava a vedere qualche crepa nel gioco di Medvedev, che ha cercato di velocizzare gli scambi da lì in poi”. All’inizio del quinto set, l’ultimo segnale inequivocabile: “Jannik ha vinto uno scambio da 40 colpi (39, ndr), era anche lui un po’ stanco ma colpiva meglio la palla”.