C’è chi predica libertà di espressione e poi si comporta da censore. Stiamo parlando della pagina Facebook di Site.it, quella vetrina digitale dove, tra un articolo e l’altro, alcuni sedicenti giornalisti — se ancora ha senso usare questa parola — esercitano la loro personale idea di “libera informazione”, purché nessuno osi contestarla.
Sì, perché è bastata una velata critica, una semplice osservazione sulla loro ossessione verso lo staff di una certa amministrazione, per far scattare la censura. Commenti rimossi, utenti bloccati. Inclusi noi, e soprattutto il nostro direttore, colpevole di aver espresso — civilmente — una visione differente. Apriti cielo.
Quelli che da anni si ergono a paladini dell’articolo 21 della Costituzione, pronti a puntare il dito contro tutto e tutti in nome della libertà di stampa, sono gli stessi che, al primo scricchiolio di dissenso, bloccano e cancellano. Altro che libertà di parola. Sembra più un club privato: o sei d’accordo con loro, o fuori.
Ma c’è di più. La stessa testata Site.it, oggi così solerte a denunciare colleghi che “fanno gli uffici stampa” per le amministrazioni, tra il 2002 e il 2007 pubblicizzava e promuoveva proprio l’amministrazione comunale di Luco dei Marsi, guidata all’epoca da Orante Venti. Un caso? No: si tratta del fratello di Angelo Venti, attuale direttore della testata. Quando la propaganda ha un cognome di famiglia, pare che le regole valgano a intermittenza.
Di seguito alcuni link dove sono solo alcune delle pubblicazioni con in ultima pagina e intera veniva pubblicizzata l’attività amministrativa.
E non dimentichiamoci del Comitato per il Diritto all’Informazione ad Avezzano e nella Marsica, creatura ormai scomparsa dopo aver raggiunto l’unico obiettivo concreto che sembrava avere: sostenere il giornalista Claudio Abruzzo nella sua battaglia legale. Una volta chiuso il contenzioso, puff… spariti. Trasparenza? Impegno per la collettività? Solo slogan.
E proprio Claudio Abruzzo, che oggi continua a scrivere articoli sulla politica locale, è stato candidato alle scorse elezioni comunali, perdendole. Questo significa che non è un semplice osservatore, ma una parte politica attiva, oppositore dichiarato di questa amministrazione. Eppure, pur da giornalista, continua a firmare pezzi a forte contenuto politico, contravvenendo a quella deontologia professionale che impone equidistanza e imparzialità. Quella stessa deontologia che, guarda caso, loro pretendono da altri colleghi, accusandoli di fare propaganda.
Ora ci accusano di fare propaganda. Noi saremmo i fascisti, quelli che non permettono libertà di opinione? Curioso, detto da chi rimuove i commenti scomodi e silenzia chi non si allinea alla propria narrativa. Il paradosso è servito.
Ma noi continueremo a scrivere, a dire le cose come stanno, anche se a qualcuno non fa comodo. Perché la libertà di espressione non è solo uno slogan da scrivere nei post o nei comunicati stampa. È un diritto. E vale per tutti.
“LIBERTÀ D’INFORMAZIONE” O DI VITTIMISMO: MONOLOGHI DA UNA SEDUTA COLLETTIVA “PER POCHI INTIMI”