AVEZZANO – A pochi mesi dalle elezioni comunali del 2026, il quadro politico avezzanese appare sempre più confuso e frammentato. La recente decisione di una parte del centrodestra di convergere sul nome di Alessio Cesareo, ex questore, come candidato sindaco, ha innescato nuove tensioni e confermato quanto il fronte conservatore locale sia ormai prigioniero di logiche interne e personalismi, piuttosto che di una visione condivisa per la città.
Se da un lato Goffredo Taddei e Tiziano Genovesi sembrano aver accettato la scelta senza troppe resistenze, dall’altro Mario Babbo, consigliere comunale di Forza Italia, avrebbe manifestato non pochi dubbi. La sua figura era considerata da molti la più naturale per rappresentare la coalizione, confermata dal ritorno nel partito azzurro nel 2024 dopo l’esperienza civica del 2020.
Il rientro di Babbo in Forza Italia doveva segnare un nuovo inizio per l’area moderata marsicana. L’avvocato avezzanese nel tempo, aveva stretto rapporti politici importanti con Roberto Santangelo, assessore regionale alla Cultura e presidente del Consiglio comunale dell’Aquila, che aveva parlato di un progetto alternativo da costruire intorno alla sua figura.
Ma oggi di quella prospettiva sembra non essere rimasto nulla.
Il centrodestra avezzanese appare come un insieme di fazioni, attraversato da ambizioni personali e assenza di visione. Una coalizione che, invece di costruire un percorso politico coerente, sembra navigare a vista, scegliendo di volta in volta la soluzione più comoda per salvaguardare equilibri interni ormai stanchi.
A dominare questa scena di confusione sono due figure che rappresentano, più di ogni altra, la staticità del centrodestra marsicano: Massimo Verrecchia, capogruppo regionale di Fratelli d’Italia, e Gabriele De Angelis, coordinatore provinciale di Forza Italia.
Entrambi, pur ricoprendo ruoli di rilievo, sembrano più impegnati a conservare le proprie posizioni che a rigenerare la proposta politica.
Verrecchia, ben radicato nei giochi di potere regionali e saldo nella sua influenza, e De Angelis, con una lunga esperienza di gestione del partito a livello provinciale, sono diventati i simboli di una politica che si perpetua su sé stessa, senza rinnovarsi e senza coinvolgere davvero il territorio.
E qualunque sarà l’esito delle elezioni del 2026, difficilmente le cose cambieranno: entrambi continueranno a mantenere i propri ruoli, l’uno alla guida della TUA, l’azienda regionale dei trasporti, e l’altro nelle stanze della Regione. In caso di sconfitta, le responsabilità verranno, come sempre, scaricate sui “dissidenti” e su chi non si è piegato alle scelte imposte dall’alto.
Se il centrodestra appare disorientato e diviso, il centrosinistra non brilla certo per iniziativa o chiarezza. Il Partito Democratico, a livello sia nazionale che locale, continua a rappresentare il grande partito dell’inconcludenza: forte nei toni, debole nei fatti.
Ad Avezzano, come nel resto d’Italia, il PD si limita a una propaganda sterile e a una costante opposizione “contro” il centrodestra, senza però offrire un progetto alternativo credibile.
La mancanza di idee, di proposte concrete e di volti realmente nuovi ha ridotto il partito a un contenitore di correnti e interessi, più preoccupato di distinguersi internamente che di parlare alla città. Un grande minestrone politico che non giova a nessuno e che contribuisce, insieme alla confusione del centrodestra, a svuotare la politica locale di significato e di entusiasmo.
In mezzo a questo panorama di incoerenze e divisioni, una certezza rimane: Gianni Di Pangrazio.
Il sindaco, nonostante le critiche degli avversari, che non trovano fondamento, continua a mantenere saldo il controllo della città.
La “tessera della città”, come molti la definiscono, resta nelle sue mani: un consenso costruito su esperienza, presenza e una rete di relazioni politiche e civiche che gli ha permesso di consolidare la sua posizione anche di fronte a un’opposizione incapace di trovare una linea comune.



