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CRISI LFOUNDRY DI AVEZZANO. LA FIOM-CGIL SPIEGA I SUO NO ALL’ACCORDO

Redazione di Redazione
26 Ottobre 2018
in Economia e Lavoro
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AVEZZANO – Crisi LFoundry di Avezzano, in un lungo e articolato documento, la Fiom-Cgil provinciale spiega il suo No all’accordo siglato, due giorni fa, a L’Aquila, presso la Regione, dalla Direzione aziendale e le altre sigle sindacali. In questi giorni, peraltro, nello stabilimento avezzanese sono in corso proprio le assemblee con i lavoratori per discutere e approvare l’accordo. questa la nota della Fiom-Cgil provinciale sulla questione LFoundry di Avezzano:

«La FIOM ha scelto di stare fuori da un accordo di CDS di BEN 18 MESI che parla di 450 esuberi, che non offre sufficienti garanzie ai Lavoratori, che non delinea prospettive chiare per il futuro di LFoundry, che non è stato né discusso né votato dai Lavoratori e rispetto alla cui definizione è stata nei fatti aggirata ogni trattativa. Molto semplice la proposta da noi suggerita per tutelare i redditi dei Lavoratori e garantire equità nella distribuzione del contratto di solidarietà:
BASTAVA METTERE UN TETTO MASSIMO INDIVIDUALE ALL’ASSENZA PER CDS.

Questo avrebbe consentito a ogni Lavoratore di sostenere il reddito, maturare i ratei e avere la garanzia di non essere incanalato in un percorso di CDS ad “alta intensità” , con tutti i rischi annessi e connessi.
Invece no! Una strana e preoccupante fretta ha impedito che si facesse quella trattativa che abbiamo
provato a portare avanti nell’interesse dei Lavoratori. E così si è preferito chiudere velocemente un accordo ancor prima di una verifica sulle strategie aziendali in sede ministeriale. Come può l’azienda da un lato appellarsi al senso di responsabilità di tutti perché si faccia ogni sforzo per andare compatti al Ministero dello Sviluppo Economico con lo scopo di intercettare eventuali finanziamenti, e dall’altro essere chiusa a qualunque richiesta di aggiustamento di un accordo di CDS che, a detta sua, dovrebbe solo traghettare l’azienda verso una nuova e MAGNIFICA ERA non meglio definita?

Troppo pericoloso esporre con inutile fretta una fetta di popolazione aziendale al rischio di essere catalogata come ESUBERO ante litteram, quando le prospettive per il futuro sono incerte. Oggi la direzione aziendale ci dice che una evoluzione verso i 300 mm è un obiettivo strategico, mentre fino a ieri (incontro al MISE del 2016) sosteneva che piuttosto che investire su una nuova fabbrica le aziende ritengono più conveniente acquisire fabbriche fallite in giro per il mondo.

Con queste premesse è difficile credere che dietro a una richiesta di CDS di 18 mesi non ci sia una strategia precisa… Una Organizzazione Sindacale ha il preciso dovere di “mettere in sicurezza” non
gli azionisti dell’azienda, quanto piuttosto i Lavoratori e lo stabilimento!

Il CDS dopo la riforma degli ammortizzatori sociali del 2015:

La misura dell’integrazione salariale derivante dal contratto di solidarietà è completamente armonizzata con la cassa integrazione guadagni (d.lgs. 148/2015 art. 3), cioè ogni ora di CDS non è più retribuita al 60% (o oltre, qualora la legge di stabilità avesse stanziato fondi per incrementarne l’ammontare) del
suo valore, ma è retribuita secondo gli importi e i massimali previsti per la cassa integrazione con un tetto di circa 6 euro/ora lordi. Visto che c’è un tetto, che fine faranno le maggiorazioni?

L’azienda può attribuire ad ogni singolo lavoratore una riduzione di orario fino al 70% delle sue ore lavorabili (d.lgs. 148/2015, art. 21).

La sospensione o la riduzione dell’orario concordata tra le parti ha inizio entro trenta giorni dalla data di presentazione della domanda (circ. min. 31 del 21/10/2016).

Un utilizzo oggi degli ammortizzatori sociali può avere impatto domani sull’indennità di disoccupazione (NASPI), riducendone durata e importo. La proposta della FIOM per un CDS equo. Sfruttare il tempo a disposizione (che non manca!) per ragionare su un tetto massimo individuale di CDS o su un limite al numero di settimane di massima assenza individuale (70%), sul riconoscimento dei ratei proporzionali quando si lavora meno del 50% (soglia che abilita la maturazione per intero degli stessi) e sull’utilizzo di un mix di ferie-cds con vantaggio nel lungo periodo per azienda e dipendenti.

Tutto questo con l’obiettivo di sostenere il reddito dei Lavoratori, salvaguardare i ratei e evitare di creare rischiose sacche di lavoratori di fatto messi da parte attraverso un CDS ad alta intensità, rimanendo comunque all’interno della percentuale complessiva di CDS del 30% indicata dall’azienda, e preparando così terreno fertile per l’attivazione di quella riqualificazione del personale che dovesse rendersi necessaria per mettere lo stabilimento in condizioni di essere aggiornato e competitivo».

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