Alla fine è arrivata, la Regina ha toccato il suo corpo esile, fragilissimo. E lui non s’è fatto trovare impreparato. Pochi come Eugenio Scalfari sono stati capaci di accogliere la morte con altrettanta vitalità. Fino agli ultimi giorni, prima di scivolare in una sorta di torpore, è stato vigile sul suo paesaggio mentale che andava acquistando profondità e colori diversi. E fino alla fine è rimasto un giornalista, un cronista curioso che ci raccontava la sua traversata vegliarda verso un pianeta a noi sconosciuto. “Papà hai paura della morte?”, gli chiedono le figlie, Enrica e Donata, nell’ultimo splendido documentario Sentimental Journey. Lo sguardo arriva sereno, quasi non ci fosse bisogno del suo no fermo. Si muore desiderando, diceva. Desiderando di scrivere. Desiderando di amare. Desiderando di essere sempre nelle contraddizioni del mondo.
“Sono nato a Civitavecchia il 6 aprile del 1924 alle ore 10.30, all’ultimo piano d’un palazzo costruito nei primi anni dell’Ottocento nella piazza centrale della città”. Comincia così il suo racconto autobiografico, con l’austera meticolosità di chi sa che la propria vita – o meglio le tante vite vissute in un’unica vita – è stata un’avventura importante. Un lungo viaggio in cui ha incrociato molte altre esistenze, condizionando innumerevoli destini e anche la storia d’un paese intero. Economista, inventore di giornali, imprenditore, politico, filosofo, romanziere, poeta. In ultimo anche amico del Papa gesuita, lui cresciuto tra le pagine di Diderot e Voltaire. Non tracciava mai un limite, mosso da un’energia che era insofferente ai confini.
da Repubblica l’ultimo lungo saluto
Quando il viaggio volge alla fine, il vero patriarca non cede al pozzo profondo della malinconia ma innalza il livello della sfida. Non fa mistero del suo pensiero della morte, che filtra dai suoi articoli, dalle pagine citate a memoria dei suoi stessi libri o da quelle degli autori prediletti. Gli piaceva molto quel passaggio di Rilke, nei Quaderni di Malte Laurids Brigge, in cui la morte del vegliardo viene celebrata per giorni e giorni, tra ululati di cani, il continuo via vai tra le stanze sontuose del palazzo, un rumore di fondo scandito dal tamburo delle passioni. Nessuna disperazione perché “l’addio alla vita è l’estremo atto di amore di Eros quando ti chiude gli occhi e ti abbandona solo dopo l’ultimo respiro”. Sempre dopo, mai un attimo prima. Sul finale di partita è scacco alla Regina.
La redazione di MarsicaWeb si unisce al cordoglio dei colleghi di Repubblica. Ciao direttore.